Opinione

SAN SEVERO CITY

Scritto da Vittorio Antonacci

Il territorio lo conosciamo. È la città più settentrionale della Puglia, posta sull’importante asse litoraneo
adriatico. Senza fiumi vicini, non teme inondazioni o frane. E’ zona sismica ma non delle più pericolose.
Essendo situata in pianura però, può soffrire di forte ventilazione.
Dal punto di vista architettonico, si salva solo qualche chiesa, ormai con pochi preti.
Non possiede opere naturali o umane di pregio. I pochi palazzi di un certo rilievo sono da apprezzare solo in relazione alla zona, non in senso assoluto.
Molto è stato fatto per la viabilità e l’illuminazione, principalmente per le zone centrali. In periferia sussistono strade e marciapiedi dissestati e con illuminazione approssimativa.
Il verde pubblico è limitato alla villa comunale, rigidamente recintata da robuste cancellate, quasi a custodirne gelosamente le poche piante ed i pochissimi fiori. Come sarebbe bello se non avesse recinti e
cancelli e fosse aperta a tutti,
sempre!
So già cosa pensano i miei quattro lettori: senza recinzioni diventerebbe la culla degli spacciatori, dei barboni, dei cani e di chi si vuole nascondere.
Ecco, in questi rilievi sono già nascosti i limiti della civiltà corrente nella nostra città.
Esistono alcuni viali alberati ma gli alberi vengono visti più come ostacoli per chi, dai balconi, vuol vedere la strada che non come motivi di abbellimento e di produttori di ossigeno.
Si ha l’errata convinzione che la cittadina sia piena di prospettive da guardare ad occhio nudo mentre sarebbe opportuno piantare molti più alberi, sì da non vedere proprio tutte le facciate di case mediocri.
Ogni tanto, volonterose amministrazioni comunali si sforzano di approntare un po’ di mezzi per invogliare i concittadini ad essere più attenti ai rifiuti e a depositarli nei cassonetti o nei contenitori appositi: è una battaglia lunga perché, molti, specie gli esponenti delle nuove generazioni, trovano
nella pubblica via il sito più adatto per buttare carte, involucri e bottiglie varie.
Certo c’è stato un grande miglioramento rispetto agli anni 40 e 50 quando l’immondizia veniva raccolta in cumuli agli incroci delle strade di periferia; quando giravano pochi carrettini con volonterosi operatori che usavano grandi scope di saggina e muovevano un po’ di polvere. E’ vero che di rifiuti
ce n’erano proprio pochi: non si buttava niente e non c’era ancora la plastica.
Non parliamo poi della totale assenza dei servizi igienici. Sembra che i sanseveresi la facciano …a vapore. Guai se qualcuno, lontano da casa, ne ha bisogno in un qualsiasi momento: è la fine.
E’ invece motivo ed espressione di grande civiltà prevedere e provvedere a quelle che sono naturali esigenze di tutti gli essere umani. Nelle nazioni più evolute, i servizi igienici, lindi e curati,
sono numerosi e ben localizzati.
Da noi sono serviti solo i cani, un marciapiede dopo l’altro.
La religione cattolica che, per secoli ha costituito – con le molte chiese – il punto di riferimento dell’intera popolazione, con il passare dei decenni ha visto sempre più ridursi il numero delle
vocazioni e quello dei fedeli. Ora, la sua manifestazione esteriore ha assunto più o meno la medesima valenza dello spirito folcloristico. Mi riferisco tra l’altro agli scontri, con la popolazione, che si sono verificati in occasione della festa patronale, quando sono stati raggiunti compromessi per i fuochi artificiali e per le processioni.
La memoria torna alle processioni monumentali viste altrove, a quelle che si tenevano anche qui, con la lunga teoria di tutti i santi, portati a spalle dalle confraternite. La memoria va al sabato
santo quando, alle dodici si “scioglievano” le campane ed era un unico trionfo di scampanate a festa. Da tutte le parti i ragazzini spuntavano di corsa e battevano con le mazze sulla “stagnera” (che raffigurava il demonio) trascinata correndo da uno di loro: quella era una manifestazione spontanea di religiosità. Mai più ripetuta e rivista.
Sono rimasti i campanili illuminati, senza campane, senza voce.
Con il benessere ed il consumismo la materialità ha avuto il sopravvento. I momenti principali della vita hanno perduto quasi tutto della loro sacralità per assumere la fatuità del provvisorio: il battesimo era una cerimonia semplice ma molto sentita, come la prima comunione. Delle nozze veniva apprezzata la serietà dell’impegno, il grande lusso era il giro in carrozza coi compari. Tutti partecipavano alla gioia di pochi. I funerali erano spesso solenni (chi ricorda i “pappalusci”?), spesso con la banda, le corone ed i
manifesti su tutti i muri. 

VITTORIO ANTONACCI

(Dal Corriere di San Severo del Settebre 2005) 

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Vittorio Antonacci

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