FISIO EVIDENZE del Dott. Raffaele Tafanelli

Risoluzione multistep del mal di schiena non specifico.

Scritto da Peppe Nacci

Circa il 90% della popolazione soffrirà almeno una volta nella vita di mal di schiena non specifico.  Un evento di così frequente presentazione che perfino le grandi aziende si stanno organizzando con i fisioterapisti per arginare il disturbo,  al fine di evitare drastici cali della produttività annuale.

 

Se le aziende si preoccupano del profitto, ben più grave è la situazione dei pazienti che alternano le loro spese tra inutili esami radio-diagnostici (alla ricerca del capro espiatorio ernia discale) e presunte cure miracolose new age del momento.

 

Prima di addentrarci nel complesso mondo del mal di schiena, bisogna prima di tutto chiarire un concetto: in medicina si parla di lombalgia (mal di schiena) non specifica proprio perché non esiste una causa precisa e univoca, ma è un insieme di fattori biologici, psicologici e sociali a determinare l’evento doloroso in zona lombare e glutea; inutile quindi sottoporsi (secondo le linee guida internazionali) a risonanze magnetiche, per il classico mal di schiena a fascia in zona lombo-sacrale che non si irradia al di sotto del ginocchio. L’ernia discale non viene inoltre più additata come causa della lombalgia perché si è visto che è spesso presente nella popolazione asintomatica (che non ha alcun dolore) ed è quindi considerata più un segno fisiologico di invecchiamento o sfiancamento del disco intervertebrale che un qualcosa che deve preoccupare di per sé.

 

Al di là delle definizioni e della letteratura, il paziente pretende –giustamente- la risoluzione della sintomatologia, soprattutto se il suo dolore (invalidante e profondo) persiste da settimane e ha mandato a rotoli la sua vita lavorativa, sentimentale e sportiva.

 

Si deve prima di tutto premettere che la risoluzione non consisterà mai solo in cicli di terapie passive, siano esse massaggi, mobilizzazioni, manipolazioni o (peggio ancora)  inutili (secondo la medicina basata sulle prove di efficacia) cicli di macchinette, ma c’è bisogno del coinvolgimento del paziente che dovrà seguire scrupolosamente il programma riabilitativo e il percorso in sequenza (multi-step) per la risoluzione.

 

Vediamo cos’è e come si articola questo processo multi-step

 

Step 1 o dell’analgesia. In questo periodo (da pochi giorni a 2 settimane) è necessario desensibilizzare le strutture da cui origina il sintomo; la severità e l’irritabilità dei sintomi non permettono infatti procedure attive di movimento.

Solo in questa fase sono utili mobilizzazioni accessorie delicate e consigli sulle posture antalgiche da adottare, che variano da caso clinico a caso clinico. Tali procedure hanno lo scopo di ridurre il sintomo dolore e di correggere disfunzioni analitiche di movimento (se presenti) che possono essere stesse correlate a dolore e rigidità

 

Step 2 del ritorno al movimento attivo. Quando il dolore soggettivo percepito inizia ad essere sopportabile è possibile vincere la kinesiofobia del paziente, mostrandogli che il movimento (di cui tanto ha paura) non gli provoca più il dolore che ha sperimentato in fase acuta. Successivamente si imposta un programma di esercizio terapeutico con l’obiettivo di correggere le disfunzioni globali di movimento del paziente e di aumentare la quantità di carico sopportabile senza dolore dalle strutture (incremento della caricabilità delle strutture). Si procede poi a desensibilizzare ulteriormente il sistema nervoso. Il movimento, infatti, se impostato secondo criteri di gradualità e progressività è il più potente antidolorifico che l’uomo ha a disposizione, secondo le ricerche attuali.

 

Step 3 del follow-up. Si procede infine agli ultimi consigli e accorgimenti che il paziente dovrà adottare, per evitare le recidive. La formulazione di un programma di esercizio terapeutico (che il paziente svolgerà a casa propria) semplice riduce drasticamente le possibilità del ripetersi dell’episodio lombalgico. Essenziali saranno le rivalutazioni della situazione globale a cadenza trimestrale o semestrale.

 

Ora mi rendo conto che quello che ho scritto è quasi un crimine, perché molti pazienti considerano il proprio corpo come il motore di una macchina, per cui pagano il fisioterapista che lo deve aggiustare, come farebbe un buon meccanico col motore di un auto…

Ma la realtà è questa, la fase 1 dell’analgesia è necessaria ma non sufficiente, soprattutto poi se parliamo di mal di schiena cronico.  La formazione del paziente e la sua aderenza all’esercizio terapeutico sono molto più importanti di qualsiasi procedura passiva e rivestiranno in fisioterapia un ruolo sempre più cruciale e non soltanto il mal di schiena.

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Peppe Nacci

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