Spettacolo

“UNA TERRA UNA STORIA DI CUI ESSERE FIERI”

Scritto da Peppe Nacci
SAN PAOLO DI CIVITATE RACCONTATO TRA MEMORIA E POESIA NEL NUOVO LIBRO DI MICHELE GIULIANO – “L’URLO” DI UNA TERRA E DI UN POPOLO FORTE DEL PROPRIO PASSATO –
 
Un viaggio nella memoria, nella Madre Terra, quello del sanpaolese Michele Giuliano. Tre anni di lavoro e ricerche intorno ad una grande storia, che non può essere dimenticata. La poesia dei luoghi dell’infanzia, il distacco, i ricordi, la memoria e la fierezza, nell’intervista che segue.
 
Come definirebbe Una Terra, una Storia di cui essere fieri? Lo colloca nella saggistica?
Definirlo “saggio” mi sembra eccessivo. Credo sia piuttosto come bere un bicchiere di acqua fresca quando in estate hai tanta sete. La storia del mio paese mi ha affascinato da sempre. Ne avevo letto già da molto giovane sui libri del mio maestro delle elementari , Nicola Presutto. Successivamente ho avuto modo di leggere altre pubblicazioni dello stesso argomento del Prof. F. Grasso e del Prof. Matteo delle Vergini. Nei loro scritti ho trovato degli spunti che volevo decisamente approfondire. Il Porto fluviale sul Fortore, La Contea di Civitate, la presenza dei Templari ed altro. Ho iniziato quindi una personale ricerca che dopo circa tre anni si è concretizzata in questo scritto. Lo considero un atto d’amore al mio paese, alla mia terra. Ha avuto una grande Storia, ma oggi sembra destinato all’oblio. Ecco, secondo me, questo libro potrebbe definirsi l’ “urlo” di una terra e di un popolo che non vuole assolutamente rassegnarsi ad essere dimenticato e, forte del proprio passato, irrompe sulla scena riaffermando la propria esistenza.
 
Che rapporto ha con le sue radici? E’ andato a Milano giovanissimo…
A Milano sono giunto nel 1978, appena sposato. Avevo 24 anni. Ma da San Paolo sono andato via praticamente alla fine delle elementari. In verità siamo stati molti ad andar via dopo le elementari, affascinati dai racconti che un “missionario comboniano” venne a raccontarci in quinta. Tornavo però ogni estate, finita la scuola, e molto spesso ho dovuto lavorare in campagna in estate per potermi pagare “la retta ed i libri” del seminario a Troia. Durante l’estate, però, insieme ad altri miei “colleghi” seminaristi ne abbiamo fatto di movimento in paese!!
 
Stando lontano da San Paolo, quale caratteristiche ha potuto coglierne? E cosa le è mancato di più?
Mio padre è stato un bracciante. Mi risuonano sempre in mente le sue parole: “La terra non ti tradisce mai. Se la lavori e la tratti con rispetto ti dà sempre qualcosa in cambio”. Ecco, queste sono le caratteristiche della mia terra e della mia gente. Una terra fertile, ricca non solo di storia e di tradizioni gastronomiche. Gente fiera, lavoratrice, silenziosa e burbera, ma sempre pronta a darsi una mano e ad unirsi per lavorare insieme su precisi obbiettivi. Di questo posto mi è mancato e mi manca ancora oggi “l’essere paese”. I luoghi di incontro, la piazza, la villa, il mercato al martedì. Mi manca l’importanza di essere un “piccolo borgo” dove tutti si conoscono. Mi mancano gli amici con cui sono cresciuto e la memoria collettiva. Mi mancano addirittura i pettegolezzi della gente e la facilità con la quale si viene “etichettati”
 
Quanto la sua poesia nasce da questo distacco?
Quasi tutta la mia produzione poetica e di narrativa è “pregna” di quella che amo definire la “sanpaolesità”. E’ fatta di odori, profumi, sapori che le parole non bastano a definire. E’ intrisa delle nostre tradizioni, delle nostre feste, delle nostre chiese e delle nostre case “azzecccate” le une alle altre come vecchie comari. E’ fatta di vie assolate e di fragranze di farine, pane appena sfornato, vino, olio, grano. In una mia poesia ho definito noi sanpaolesi come “corpi impastati di fango e acqua del Fortore. Nelle nostre vene scorre vino rosso fuoco con retrogusto di origano e rucola di Civitate”. Siamo gente fiera e semplice. Gente di campagna venuta su a “cuzzètt” di pane, pomodoro, olio e origano. Cresciuta nelle “chiuse” e giocando nelle strade.
 
Quanto è importante andare fieri della propria terra e cercare le ragioni di questa fierezza?
Essere fieri delle proprie origini fortifica e dà il senso dell’identità e dell’appartenenza. Prendiamo per esempio San Paolo. Un paese di frontiera all’ingresso della Puglia. La sua storia ci insegna che è stato un crogiolo di culture e popoli diversi. Sanniti, Romani, Longobardi, Greci, Slavi, Ebrei, Saraceni, Normanni …. Proprio la coesistenza, la convivenza e l’amalgama di questo immenso patrimonio di differenti esperienze rende unica l’identità della nostra gente. Forti di queste diversità, ricchi di questa nostra peculiarità dobbiamo “imparare” ad essere sempre più una “Comunità”.
 
Come definirebbe San Paolo in una parola? E il suo rapporto con San Paolo e la Puglia?
Il termine che meglio definisce San Paolo è “mamma” . Il mio rapporto con San Paolo e la Puglia mi piace definirlo con l’immagine di una “mamma che allatta il proprio bambino”; come ho scritto in una mia poesia dialettale
Tornando al suo ultimo libro, quanto tempo le è costato, e quanta fatica?
Tempo ne ho impiegato tanto. Oltre tre anni. Ho dovuto ricercare molto e cercare di organizzare e rendere sistematico il lungo lavoro di ricerca. La ricerca di per sé è caotica e disordinata perché si parte da un punto A e non si sa dove si va a finire, in quanto ogni indagine apre nuovi argomenti di studio. Difficile è stato “sistemare” tutto il frutto della ricerca in capitoli che fossero anche “leggibili”. Fatica onestamente no! E’ stato un lavoro per me piacevole perché soddisfaceva un preciso interesse di conoscenza.
 
Qual è l’obiettivo di “Una Terra una Storia di cui essere fieri”, che messaggio soprattutto vuole lasciare?
Non voglio lanciare messaggi, non credo di averne l’autorità, però due cose voglio dirle. Una ai miei compaesani. Voglio dire loro che questo libro deve renderci orgogliosi di essere sanpaolesi. Deve stimolarci a far sentire la nostra voce quando serve e nelle sedi opportune. Vorrei dire anche agli organismi istituzionali, sia regionali che provinciali, che in molti dei paesi simili al mio abbiamo tanta ricchezza di storia, di tradizioni e di manifestazioni enogastronomiche che non devono assolutamente morire. Penso ai paesi dei Monti Dauni (Troia, Faeto, Biccari, Alberona….) e a quelli di prima fascia, come San Paolo, Chieuti, Serracapriola, San Severo…
 
Ai più giovani, spesso rapiti dal fascino del nord Italia e dell’Europa, cosa direbbe alla luce della sua esperienza?
Quello del fascino delle grandi metropoli e delle grandi occasioni da esse offerte è stato un miraggio forse valido ai tempi della mia giovinezza, negli anni ’70. Oggi non è più così, anzi i tempi che viviamo stanno dimostrando esattamente il contrario. Qui dove vivo, per esempio, già da qualche anno si sta chiedendo lo smembramento della megalopoli in una serie di municipalità a maggiore dimensione umana. C’è il ritorno ed il rilancio delle comunità agricole. Questa pandemia, poi ci sta dimostrando che più un luogo è antropizzato, più è facile la trasmissione virale. Lo smart working ci sta facendo capire che si può lavorare anche da casa, con una diversa organizzazione del lavoro. Occorre pensare alla diffusione delle nuove tecnologie, ma anche ritornare alle antiche maniere di organizzazione sociale. La mia idea è: “piccolo – in rete – a misura d’uomo” . Occorre rivalutare e far rivivere i vecchi borghi abbandonati!
 
“Una Terra una Storia di cui essere fieri” è un’autoproduzione. È difficile il ruolo di autore in Italia, soprattutto se locale?
Ho pensato all’autoproduzione quando ho scritto il mio primo libro. Era un volumetto con poesie sull’amore per mia moglie. Pubblicandone qualcuna sui social, sono stato contattato da alcuni “editori” che si offrivano di pubblicare i miei scritti. Approfondendo il discorso venivo a scoprire che c’era comunque da “investire” somme di denaro. In quel tempo ero disoccupato e non me la sono sentita di togliere neppure un euro all’unico stipendio che doveva servire per tre persone. Così ho iniziato con l’autoproduzione e sono riuscito a pubblicare praticamente senza spendere un euro. Ho capito allora il senso del modo di dire “popolo di santi, poeti e navigatori”. In Italia c’è una quantità enorme di poeti e questo è un bene perché significa che alla gente piace mettere in circolo le proprie emozioni. Tuttavia se non hai gli agganci giusti resti comunque un emerito sconosciuto. Scrivere poi in forma dialettale è ancora più complicato perché il tuo pubblico è una nicchia nella nicchia.
 
Quali le maggiori difficoltà per un autore e le nuove opportunità grazie alla tecnologia digitale e al web?
La mia maggiore difficoltà è quella di avere un confronto, anche critico, con altri scrittori. Ma evidentemente è una categoria in cui ognuno si chiude nella sua torre d’avorio . Il web è una grossa opportunità. La tecnologia a disposizione permetterebbe molte nuove opportunità. Il web è però spersonalizzante, un like non basta. Mi piacerebbe che tutti coloro che leggono un testo, anche non mio, possano esprimere le sensazioni, le emozioni che ha provocato in loro. Questo tramite web non è facile.
 
Cosa le piacerebbe aggiungere a quello fin’ora detto?
Che sono maledettamente malato d’amore per la mia terra.
Mi piacerebbe invitare la gente a leggere di più. A considerare un libro come una fetta di pane e pomodoro per l’anima. Anche le anime hanno bisogno di nutrirsi.
 
Salutiamo i lettori con una sua poesia manifesto?
Con molto piacere.
 
L’alba della mia terra
L’alba nella mia terra
indossa il silenzio
che gli animi scuote
dalla notte.
Si sveglia al canto
soffice,
richiamo dell’upupa
innamorato.
 
L’alba nella mia terra
veste l’oro
che il sole presta
al grano
che matura
in giugno.
Si disseta del liquido
spremuto dall’ulivo
 
L’alba nella mia terra
ha i sapori del latte
di capra appena munto.
La sapidità del lievito
che pregna e fa crescere
la massa.
La freschezza dell’acqua
di sorgente
 
L’alba della mia terra
s’inebria del sudore
di uomini al lavoro
Si eccita al tatto di mani
femminili, che sensuali
trasformano materia
Gode e si compiace
al suono grave d’una viola
 
E’ possibile richiedere il libro “Una Terra una Storia di cui essere fieri” Su Amazon.
Michele Giuliano è anche presente sul social network Facebook.
 
Breve biografia dell’autore
Michele Carmine Giuliano è nato a San Paolo di Civitate il 23 aprile del 1955 dove ha vissuto fino al termine delle scuole Elementari. Ha continuato gli studi presso l’istituto dei Missionari Comboniani a Troia (FG) dove è rimasto sino alla fine del ginnasio, che ha frequentato a Foggia presso il “ Ginnasio Liceo Lanza”. Ha terminato il liceo classico a Bari al “Quinto Orazio Flacco” e dopo un anno di università si è trasferito a Milano dove, dopo un anno passato come studente/lavoratore, ha dovuto abbandonare il corso di Scienze Biologiche. Felicemente sposato, con tre figli, è già due volte nonno. Con entusiasmo ha partecipato alla raccolta antologica UNA POESIA PER L’ARTE e con lo stesso entusiasmo ha aderito ad una seconda raccolta di autori vari POETICAMENTE…..I SUONI DELL’ANIMA. Partecipazione anche alla raccolta SIAMO TUTTI DI…VERSI! e al reading poetico “ALEXINA” dedicato alla città di Lesina, come ad altre iniziative con il comitato “INSIEME PER L’ARTE”. In “self publishing” sul sito  LULU.com ha pubblicato la raccolta di poesie d’amore “HO SCRITTO DI NOI”, una successiva raccolta di versi in dialetto sanpaolése ed italiano “VOCI DALLA MIA TERRA” ed un volume di racconti intitolato “SCUTALO’ ”, entrambi dedicati alla sua terra. Targa ed attestato di merito alla IV edizione del Premio di Poesia Alda Merini. Nel 2016 ha vinto il premio di poesia dialettale indetto dall’Associazione IL ROVO di Cagnano Varano. Ha contribuito alla raccolta firme e fondi per il restauro della Chiesa di San Nicola di San Paolo di Civitate ed è, con altri, organizzatore ed attore nelle manifestazioni culturali estive della stessa cittadina.

Circa l'autore

Peppe Nacci

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