FISIO EVIDENZE del Dott. Raffaele Tafanelli

La via sottrattiva per una postura da rivista patinata

Scritto da Raffaele Tafanelli
Quando si cerca di correggere un  atteggiamento posturale antiestetico, l’approccio classico cerca di apportare un miglioramento attraverso un processo continuo di aggiunta: correttori posturali,  bite ortodontici, plantari, esercizi nuovi, rieducazione posturale, nuove discipline e filosofie.

Aggiungere, sempre di più e sempre più velocemente, è una tendenza diffusa e illogica, che nasce dalla concezione consumistica del benessere più che dalla medicina basata sulle prove di efficacia.  Siamo (erroneamente) convinti che aggiungendo qualcosa alla nostra vita la miglioreremo automaticamente. Per demolire questa illusione basterebbe osservare la natura, per osservare come essa elimini o riconfiguri continuamennte per ottimizzare.

Questa voglia di aggiungere (come spiego ai miei pazienti in consulenza) però non può portare a miglioramenti duraturi, in quanto agisce sugli effetti delle disfunzioni posturali e non sulle cause profonde che hanno generato i disordini posturali.

Le cause delle alterazioni posturali continueranno quindi a compromettere le buone intenzioni e i sacrifici, svolti in direzione del miglioramento posturale.

E i risultati antiestetici e disastrosi si vedono poi in spiaggia,a fine anno, quando ci si sente in imbarazzo per la propria “gobetta” obiettivamente antiestetica.

CIÒ CHE IO INSEGNO E DIVULGO È INVECE UNO SPECIALE MODO DI INTENDERE LA POSTURA CHE CHIAMO LA VIA NEGATIVA (O SOTTRATTIVA) AL MIGLIORAMENTO POSTURALE. UNA STRADA MOLTO PIÙ SEMPLICE DA PERCORRERE, A PATTO CHE SI SIA DISPOSTI A MODIFICARE IL PROPRIO AMBIENTE OPERATIVO E LE PROPRIE ABITUDINI DI VITA.

Per capire la via negativa o sottrattiva (al miglioramento posturale) bisogna partire dal PERCHE’:

PERCHÉ IL PAZIENTE HA UNA DETERMINATA POSTURA?

PRINCIPALMENTE PER 2 FATTORI

1. Eredo –costituzionali, su cui ben poco si può fare attualmente.

Ognuno di noi ha tendini, muscoli, capsule e legamenti con differenze minime nell’elasticità, nella lunghezza e nelle rigidità relative, che dipendono in ultima analisi da fattori genetici e che determinano una postura basica abituale. Ognuno di noi ha una “costituzione” posturale diversa, a prescindere, su questo non ci piove.

2. Ambientali, su cui si può agire pesantemente eliminando attraverso una via sottrattiva (negativa).

Infatti, la postura predominante e abituale di un paziente altro non è che l’insieme intricato e variabile del suo assetto eredo-costituzionale e dell’adattamento del suo sistema neuro-muscolo-scheletrico  all’ambiente in cui vive e opera principalmente.

Il corpo quindi si adatta per raggiungere uno scopo preciso, con la massima efficienza energetica possibile. Cerca cioè di ottenere il massimo risultato motorio col minimo consumo calorico (principio di efficienza).

In quest’ottica, le alterazioni posturali non sono altro che cambiamenti progressivi e intelligenti dell’organismo per interagire meglio e in modo più efficiente con l’ambiente circostante.

E’ l’ambiente (e l’attività abituale svolta nell’ambiente) che quindi plasma le abitudini motorie dell’individuo. Le abitudini motorie a loro volta plasmano la postura predominante e abituale del paziente.

Per comprendere il concetto, basti immaginare una casalinga bassa che lavora in una cucina in cui tutte le pentole, i mobili e gli ingredienti sono posti troppo in alto; ogni giorno effettuerà centinaia di volte gli stessi gesti con la colonna, per spingere un po’ più in alto e acchiappare un oggetto.

In tali condizioni, ci sarebbe da meravigliarsi se questa casalinga non sviluppasse una iperlordosi lombare, generata dalle forze di estensione continue (come in illustrazione).

Al contrario, un farmacista svilupperà facilmente una ipercifosi dorsale e una postura col capo protratto, proprio per aiutare i clienti dal bancone, che è sempre un po’ troppo largo, per servire bene il cliente. Non è certo un caso che nelle professioni di aiuto (infermieri, fisioterapisti, medici, insegnanti ecc.) soggetti alti sviluppino facilmente una protrazione del capo rispetto al cingolo scapolare e una ipercifosi dorsale; per aiutare bisogna ascoltare, proiettarsi verso il prossimo e spesso l’ambiente non è configurato affinchè gli alti possano aiutare i bassi senza sviluppare una ipercifosi dorsale.

[Illustrazione gentilmente concessa da Luigi Bellofatto]

Aiutare gli altri, in un ambiente che crea una grossa linea di demarcazione (tra noi e il prossimo) porta il corpo ad adattarsi nel modo più funzionale possibile per raggiungere lo scopo (aiutare il prossimo) col minimo dispendio energetico possibile: ecco spiegata l’ipercifosi dorsale.

Si può quindi ben capire il concetto immaginando un sasso che impatta uno stagno. Il sasso produrrà delle onde concentriche sulla superficie dell’acqua (come nel prossimo disegno che uso con i pazienti in studio).

Ecco, le abitudini motorie sono una conseguenza dell’ambiente e del lavoro che si svolge  abitualmente al suo interno;  le abitudini motorie sono quei gesti frequenti che il soggetto compie quotidianamente per interagire col proprio ambiente di lavoro, fino a diventare automatismi che scolpiscono la postura come farebbe uno scultore col suo pezzo di marmo.

Un disegno che uso spesso con i miei pazienti per spiegare come la postura sia il riflesso delle abitudini motorie ripetute che, a loro volta ,sono il riflesso della disposizione dell’ambiente in cui si muovono e lavorano.
Lavorare sulla postura senza modificare l’ambiente in cui si trascorre la maggior parte del proprio tempo è illogico

La postura abituale non è altro che la conseguenza di questi gesti motori ripetuti, che modificano progressivamente e inesorabilmente la disposizione e la composizione di tutti i tessuti, attraverso complessi meccanismi ; meccanismi con cui  il sistema nervoso trasforma gli stimoli fisici tensivi in precisi programmi di organizzazione della produzione di cellule e della disposizione delle fibre nei tessuti.

Ritorniamo quindi ora all’esempio del farmacista con la “gobbetta” perché lavora 8 ore al giorno dietro ad un bancone. Potremmo sicuramente proporgli delle lezioni di rieducazione posturale, un correttore posturale, dei plantari per stabilizzare l’arcata plantare e così via…

Ma, se ci fermiamo un attimo a riflettere, questa è follia (la via positiva). Questo farmacista lavorerà in senso correttivo 2-3 volte a settimana (per un’ora al massimo) con la rieducazione posturale e il fisioterapista,  per poi lavorare 8 ore al giorno proprio nella  direzione della postura antiestetica che sta cercando di correggere… Una tela di penelope.

prima di chiederci cosa aggiungere, dovremmo domandarci se non sia il caso di eliminare i fattori ambientali peggiorativi o (per lo meno) migliorarli affinchè lavorino terapeuticamente, invece che in senso aggravante.

Ecco quindi che espongo un processo inverso di lavoro fisioterapico che chiamo via negativa o sottrativa, per il fatto che si sottraggono fattori cruciali nell’insorgenza del disturbo anziché aggiungere, agendo così sempre e solo sugli effetti.

Vuoi un esempio che faccia capire le differenze tra la via classica e via sottrattiva?

FACCIAMO UN ESEMPIO SEMPLICE: COME SI POTREBBE CORREGGERE UNA IPERCIFOSI DORSALE IN UN ADOLESCENTE CHE STA STUDIANDO IN DIDATTICA A DISTANZA?

[Illustrazione gentilmente concessa da Luigi Bellofatto]
Il paziente non mantiene mai una cattiva postura, ogni postura è automatica e funzionale all’ambiente circostante. Studiare ed operare in questo ambiente operativo è più semplice con questa postura anche se antiestetica.

L’approccio classico (popolare) prevede l’iscrizione ad un corso di posturale, l’acquisto di corsetti, l’applicazione di particolari cerotti, l’acquisto di una sedia ergonomica di ultima generazione da 500 euro e così via. Più si aggiunge meglio è, secondo questo approccio. Ma non si calcola che, in tal modo, si agisce sempre e solo sugli effetti; si agisce sull’80% degli effetti, correggendo così solo il 20% del problema….

Come si opera invece con la via sottrattiva?

Si studia prima di tutto la configurazione ambientale, in cui risiede quel 20% di cause che genera l’80% delle conseguenze (secondo la legge di Pareto).

Basterebbe mettere il pc portatile su una pila di libri, in modo che la linea del suo sguardo possa essere parallela a quella dello schermo, per poter migliorare drammaticamente la situazione posturale abituale. Si elimina così lo stimolo (computer posto troppo in basso) che per 6 ore al giorno causa la disfunzione posturale.

[Illustrazione gentilmente concessa da Luigi Bellofatto]

Il tuo problema non è l’atteggiamento posturale ma è il tuo ambiente, che determina il tuo atteggiamento posturale caratteristico. Elimina gli stimoli che ti portano verso una postura antiestetica, riorganizza poi il tuo ambiente di lavoro. Solo dopo questa riconfigurazione avrà senso intraprendere un percorso di rieducazione posturale

Poi si può iniziare a ragionare e ad agire sulle abitudini concausa del problema posturale. Magari il ragazzo controlla continuamente le notifiche sullo smartphone e atteggia il suo capo in flessione, magari il ragazzo dorme poco e si “affloscia” in avanti durante lo studio per stanchezza e così via…. In questa fase si eliminano, attraverso un processo di sottrazione, ulteriori comportamenti disfunzionali

Il terzo è ultimo passo è procedere con delle auto mobilizzazioni in senso contrario alla postura che il paziente presenta. La domanda da porsi in questo caso è:

SE VOLESSI FAR AMMALARE IL PAZIENTE DEL PROBLEMA POSTURALE CONTRARIO COSA GLI DOVREI FAR COMPIERE COME PRIMO ESERCIZIO? (PROCESSO DI INVERSIONE DELLA DISFUNZIONE)

Anche in questo senso non si agisce in senso adittivo mettendo tanta carne sul fuoco, ma inserendo pochi e semplici esercizi che possano sottrarre tempo alle posture facilitanti il peggioramento, aggiungendone così a quelle terapeutiche.

In sintesi la via negativa alla correzione posturale, parte dal presupposto fondante che la postura è espressione del patrimonio genetico del paziente, dell’apprendimento motorio del gesto  e dell’adattamento del corpo all’ambiente. Un ambiente di lavoro “ammalante” e delle abitudini motorie e di vita “povere” non potranno esssere corrette da 2 orette di posturale a settimana, nè dal nuovo strumento comprato on-line.

Insegno quindi a ragionare in senso naturale e inverso a quello consumistico, in modo da far ottenere di più con meno sforzo, focalizzandomi su pochi punti chiave nella correzione. Lo sforzo di questa strada è tutto nel principio, nell’ottimizzare il proprio ambiente operativo, in modo che lavori con il paziente invece che contro di lui.

Circa l’autore

Raffaele Tafanelli si è laureato con lode in Fisioterapia (novembre 2013) presso l’Università degli studi di Foggia.

Si è poi specializzato in terapia manuale ortopedica (branca della fisioterapia che si occupa del trattamento dei disturbi muscolo-scheletrici attraverso diagnosi funzionale e mobilizzazioni/manipolazioni e correzione del movimento attivo) in numerosi corsi e seminari.

Dal 2016 esercita come libero professionista presso il suo studio Fisio@RT, sito a San Severo

Iscritto all’albo dei Fisioterapisti

Circa l'autore

Raffaele Tafanelli

Fisioterapista di esperienza presso Fisio@RT a San Severo

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