Le cartilagini articolari iniziano il loro lento ma inesorabile processo degenerativo già verso la terza decade di vita, non solo a livello di anche e ginocchia ma, soprattutto, a livello della nostra colonna vertebrale.
Si parla in questi casi di spondiloartrosi, ovvero di artrosi dei corpi vertebrali e della colonna vertebrale in genere.
Più volte ( in altri approfondimenti ) ho sottolineato che l’artrosi non causa dolore, in quanto ( per fortuna ) le cartilagini articolari non sono innervate (come ad esempio l’osso o i denti ). Se lo fossero, proveremmo dolori debilitanti già a trent’anni, considerato che a quest’età sono già presenti i primi segni radiografici di artrosi di anca, ginocchio, colonna lombare e cervicale, nel 50% della popolazione.
Acclarato quindi che artrosi non significa dolore, ho già spiegato ( in altri articoli cartacei pubblicati per il Corriere di San Severo ) che il dolore può essere secondario ad artrosi qualora compaiano osteofiti che irritano le strutture sensibili al dolore, come ad esempio le capsule articolari.
Ma cosa sono gli osteofiti come si formano e cosa c’entrano col dolore ?
Gli osteofiti sono dei veri e propri speroni osteocartilaginei ( cartilagine e osso ) che nascono come naturale conseguenza di una usura anomala delle superfici cartilaginee, dovute a importanti pressioni puntiformi.
Le forze compressive puntiformi, secondo diversi autori come Kaltenborn, nascono nelle articolazioni dotate di grande mobilità e poca stabilità. Per farti comprendere la pressione puntiforme, immagina di scaricare il tuo peso di circa 70 Kg a terra su di un parquet di legno. Puoi farlo attraverso una calzatura normale e non rovinerai la superficie in legno, perchè distribuisci il peso uniformemente. Oppure puoi indossare un tacco a spillo e letteralmente fare di buchi ad ogni passo in quanto distribuiresti tutto il peso in un piccolo punto grande quanto la superficie del tacco. Questione di fisica insomma.
A livello della colonna cervicale ritroviamo questa condizione biomeccanica usurante; infatti la cervicale ha una enorme mobilità e sottopone continuamente a forze di rotazione e compressione le articolazioni unco-vertebrali o di Luschka, durante i movimenti di rotazione e flessione laterale del collo. Queste articolazioni sono adiacenti al forame di coniugazione vertebrale, in cui passano le sensibili radici spinali cervicali. In condizioni “normali” le articolazioni unco-vertebrali non provocano disturbi in quanto sono sufficientemente distanziate dai dischi intervertebrali che fungono da ammortizzatori idraulici e stabilizzatori, durante i movimenti più usuranti.
Accade però qualcosa dopo il quarantesimo anno d’età….
I dischi intervertebrali perdono progressivamente e inesorabilmente il loro contenuto acquoso e questo porta a una maggiore compressione delle articolazioni unco-vertebrali durante l’accompagnamento dei movimenti di rotazione e flessione laterale del collo. In alcune persone si sviluppa quindi un processo infiammatorio reattivo (reazione alla frizione) della cartilagine e dell’osso di queste articolazioni che porta infine alla formazione di questi cristalli apppuntiti chiamati tecnicamente osteofiti.
I suddetti osteofiti possono irritare le radici nervose. Dalle radici nervose cervicali nascono tutti i nervi del braccio, dell’avambraccio e della mano. A seconda quindi del segmento cervicale coinvolto avremo sintomi proiettati nel braccio secondo le classiche mappe di distribuzione del dolore. Oltre a questi fastidiosi quantomai popolari sintomi del braccio come perdita di forza, sensazione di corrente elettrica o acqua che scorre ( parestesie ) molte volte ci saranno segni a carico del collo come dolore e riduzione dell’ampiezza di movimento cervicale, in tutti i piani dello spazio.
Come può aiutarti la fisioterapia manuale e cosa è controindicato in questi casi ?
Dopo una appropriata valutazione funzionale, specifiche manovre sicure e indolore ( come le mobilizzazioni passive e neurodinamiche di cui mi servo in studio ) possono alleviare sensibilmente la sintomatologia, soprattutto se si interviene prima del terzo mese dall’insorgenza del dolore al braccio. Le manovre hanno lo scopo di modulare il dolore e l’irritazione, sono solitamente ben tollerate e una più efficace cura rispetto ai farmaci.
Controindicate sono invece le manipolazioni osteopatiche e chiropratiche ad alta velocità e bassa ampiezza ( il classico schiocco da manipolazione) , in quanto l’osteofita può letteralmente comportarsi come una scheggia tagliente danneggiare i tessuti molli periarticolari e le radici nervose , oltre a causare danni alle sensibili arterie vertebrali con conseguenze irreparabili. I fenomeni da baraccone che “scrocchiano” colli, lasciamoli esibire sui sui social, quello è il loro posto.
Dopo aver fatto chiarezza su sintomi e principi di valutazione, interpretazione e di trattamento non mi resta che invitarti caldamente a fissare il tuo primo appuntamento per escludere altre condizioni comuni che danno dolore al braccio e per scongiurare il rischio di cronicizzazione dei sintomi.
Se avessi infatti bisogno della mia consulenza professionale, potrai telefonarmi al 328.8354292